|
Lo Stemma
Roffi Isabelli
Nel Salone delle Feste del Palazzo Giorgi
- Roffi Isabelli di Ferentino, sui due sopraporte, si ammirano
due raffigurazioni dello stemma della famiglia Roffi Isabelli.
Ciò si deduce dal confronto con altre due rappresentazioni dello
stesso stemma, visibili nella chiesa Cattedrale di Ferentino,
una nelle vetrate della chiesa, l’altra ai piedi della
acquasantiera di sinistra, ambedue documentate dalla donazione
fatta dal Comm. Vincenzo Roffi Isabelli nel 1906. Ad una prima
occhiata il manufatto sembrerebbe doversi datare alla fine del
XIX secolo (se non ai principi del seguente) ed appare dipinto
per sovrapposizione su un precedente riquadro.
|
Stemma Roffi Isabelli
|
Il comm. Vincenzo (1859-1920), figlio di
Pio e Vittoria Giorgi, fu l’erede unico di Alfonso Giorgi.
Sindaco della Città e Consigliere Provinciale di Roma (Frosinone
divenne provincia solo nel 1927) contribuì non poco ai lavori di
recupero e restauro della Cattedrale dei S.S. Giovanni e Paolo,
assieme al Vescovo dell’epoca mons. Domenico Bianconi. E’ per
questo che nella chiesa sono presenti i due stemmi, oltre
l’iscrizione sulla “macchina” del Santo Patrono, a ricordo del
restauro operato dallo stesso Roffi Isabelli.
L’arme oggi visibile nel Palazzo
Giorgi-Roffi Isabelli (partito: nel 1°
d’azzurro alla fascia curvata d’argento, accompagnata in capo da due
stelle d’argento, e in punta da una rosa; nel 2° d’argento al
leone d’oro),
alzata dalla famiglia Roffi Isabelli, è chiaramente un’arma di
alleanza familiare e pertanto possiamo pensare che le due
partizioni rispecchino i valori araldici delle famiglie
Roffi ed Isabelli, unite solo nel 1843 a seguito di lascito
testamentario (o al limite, e più verosimilmente, dei Roffi e di
una collaterale linea nobiliare).
Ad onor del vero il Leone d’oro è stato anche
lo stemma del Vescovo, mons. Gesualdo Vitali (Mondolfo
1809-Ferentino 1879), la cui nipote sposò, nel 1879, il comm.
Vincenzo Roffi Isabelli).
E’ giusta opinione che ci troviamo
dinanzi a due patronimici puri, in quanto Roffi (di conio
basso-medievale) sembra una variante (al genitivo) di Ruffus
o Ruffulus (Ruffolo), prenome di origine sabina
avente alla radice l’aggettivo rufus (rosso di capelli,
di barba o di carnagione); mentre Isabelli è immediatamente
riconducibile al relativo Sabèllo o Savello
(peraltro piuttosto diffuso, in tutte le sue varianti, nel
Centro Italia).
|
|
Dal Dizionario Storico-Blasonico delle
Famiglie Nobili e Notabili Italiane edito a Pisa nel 1886 da
G.B.Di Crollalanza, si ha menzione di una famiglia Roffi di
Bologna il cui stemma, però, è completamente dissimile dal
nostro. La famiglia di Ferentino, pur essendo anch’essa
riconducibile a famiglie del nord Italia (soprattutto in Emilia
Romagna) nel corso dei secoli si è trasferita in diverse regioni
fino a raggiungere Ferentino, solo agli inizi del XIX secolo.
Tornando allo stemma partito di
cui ci occupiamo, anche se è da studiarne l’origine e la
formazione, sembra abbastanza genuino, e non di fantasia. A ciò
si è spinti a credere sia dalla linearità degli elementi
araldici (solitamente meno è sofisticata la composizione, più è
antica e vera), sia dalla partizione stessa (l’ipotetico
creatore non avrebbe avuto motivo di ipotizzare uno stemma
d’alleanza), sia, ancora, da quanto si sta per ipotizzare in
ordine alla simbologia adottata.
E' possibile, infatti, ravvedere nella
rosa o fiore bottonato, l’elemento di un’arme semi-parlante
(la rosa per eccellenza è rossa così come l’etimo di
ruffo rimanda allo stesso colore. Il fatto che oggi la
vediamo bianca - cioè d’argento -potrebbe semplicemente
imputarsi ad un’errata lettura o ad una cattiva esecuzione.
Ma da quando furono alzate tali armi? E
con quale diritto? E perché non recano corone nobiliari (anche
di nobiltà civica o patriziale)? Per il momento si tratta di
domande proibitive. In assenza di documenti di famiglia, in cui
almeno si veda impresso il sigillo, si può pensare ad un uso per
così dire tollerato, tipico delle famiglie dei maggiorenti che,
per sottolineare lo status raggiunto nella comunità,
prendevano l’abitudine di adottare i contrassegni formali della
nobiltà titolata (feudale o patriziale) già nel XV secolo.
Lo Stemma di
Alfonso Giorgi
Sul monumento funebre, all’interno della
Cappella del Cimitero di Ferentino, che suggella le spoglie
mortali del N.H. Alfonso Giorgi, è raffigurato uno stemma
coronato, pitreo di bella fattura, inscritto in un classico
scudo sannitico (il rettangolo è addolcito dalla punta finale,
come è possibile notare).
|
Stemma Giorgi
|
|
|
La corona è la classica insegna
marchionale composta di un cerchio d’oro rabescato sormontato da
cinque c.d. fioroni (di cui tre visibili) alternati a
perle montate su punte.
Sappiamo dell’iscrizione al Ceto Nobile
della città del Cav. Alfonso Giorgi, intorno alla metà del 1800,
e sappiamo come nei secoli passati, e particolarmente tra il
XVIII ed il XIX sec., le famiglie patrizie usavano timbrare le
loro armi per l’appunto con la corona marchionale (a tre ovvero
nella variante a cinque fioroni visibili), che è tra le più
suggestive nella sua semplicità. Del resto, l’attribuzione
rigida della corona al titolo, già perseguita nella nazione
napoletana dai napoleonidi, non maturerà prima della seconda
metà del XIX secolo, senza affermarsi mai con assoluto rigore se
non nel XX secolo.
Per quanto concerne lo stemma, assai
suggestivo, si rileva la sua incompiutezza (la fascia nel 2°
quarto è di rosso, mentre quella del 3° quarto, che è
visibilmente la stessa, manca dell’incisione dello stesso
smalto) davvero singolare, visto che l’esemplare è rifinito in
ogni sua parte. Comunque possiamo blasonarlo così:
inquartato: nel 1° e 4° di ? (campo non precisato) alla
sirena di carnagione nuotante su di un mare d’azzurro; nel 2° e
3° di ? (campo non precisato) alla fascia di rosso.
La sirena è un animale chimerico che è
emblema di eloquenza e capacità persuasiva, e ben si attaglia
alle virtù dell’erudito Alfonso Giorgi (ma dal qui al sostenere
che possa trattarsi di uno stemma personale il passo è
lunghissimo proprio per l’inquartatura).
L’inquartatura dello scudo
rimanda, tuttavia, ancora una volta ad alleanze familiari. Sono
in gioco due casati (le armi sono ripetute per rafforzare il
contenuto dell’alleanza, probabilmente ribadito nei secoli, e
per dare armonia all’insieme). L’arma primitiva occupa sempre il
primo cantone o quarto (il primo a sinistra di chi
guarda), per cui possiamo essere ragionevolmente certi che lo
stemma originario dei Giorgi fosse di ? (campo non
precisato) alla sirena di carnagione nuotante su di un mare
d’azzurro.
A chi ricondurre il secondo non è cosa
facile a stabilirsi. La banda di rosso che attraversa
l’imprecisato campo (d’argento?) fa pensare ad un’arme molto
antica. Una composizione forse identica (d’argento
alla fascia rossa) fu usata dalla potentissima dinastia dei
Sanseverino primi baroni del regno di Napoli, ma anche da altre
nobili schiatte.
|
|